Statua romana in marmo ritraente un giovane pugile che indossa i famosi guantoni da pugilato di epoca imperiale, i caesti, risalente al I sec. d.C., ora visibile temporaneamente nella collezione del Museo Nazionale Romano, a Palazzo Altemps, a Roma.
La statua venne alla luce nel 1739 durante il corso degli scavi effettuati per la costruzione di un’ala del palazzo del cardinale Antonio Gentili, nell’area dell’attuale via del Tritone, in corrispondenza dell’incrocio con il Traforo Umberto I, a Roma. L’area ricca di antiche ville e passate residenze di tipo aristocratico di epoca romana, ha restituito nel corso dei secoli diverse statue di carattere ornamentale tra cui quelle di atleti dell'antichità classica.
La statua del pugile era parte delle collezione Albani, passata in seguito all’architetto Gaetano Koch, e nel 1941 acquistata dalla Banca Nazionale del Lavoro, su indicazione di Arturo Osio, di cui è l'attuale proprietaria.
Dal 2019 la banca ha dato in comodato d’uso, per cinque anni, l'opera al Museo Nazionale Romano. La collaborazione tra BNL e il Museo Nazionale Romano nasce dalla comune volontà di condividere con un pubblico più ampio l’attrazione e l’interesse suscitati da queste opere di scultura antica contribuendo a diffondere la conoscenza della storia antica.
Si spera che la statua in futuro sia donata al Museo Nazionale Romano diventando parte della collezione permanente dell'Istituzione italiana.
Molti studiosi hanno affermato che l'opera è una copia romana di un originale greco in bronzo, di uno scultore delle scuola di Policleto, del IV secolo a.C, ma i guantoni prettamente romani negano questa attestazione.
La bellezza dell’opera si evidenzia soprattutto nel morbido sfumato delle masse muscolari e nel modellato delicato.
Il pugile dal fisico sottile e slanciato, mostra una muscolatura ancora acerba, mostrandoci la giovane età del ragazzo che indossa i caesti, tipologia di “guantoni” pesanti.
Il caestus è un invenzione romana, una delle diverse tipologie di "guantone" usato in eventi organizzati in età imperiale, dove l'estremizzazione violenta e brutale delle competizioni agonistiche di pugilato di matrice greca, sviluppò differenti forme di pugilato che facevano parte degli spettacoli sportivi dell'antichità.
Conosciamo poco dell'uso di questa tipologia di guantoni e degli sviluppi tecnici, metodologici e normativi che l’utilizzo di questo genere di arnesi richiedeva per ottemperare alla logica di tali manifestazioni atletiche.
Il termine caestus (plurale caesti) che trova il significato dalla derivazione da cesto, canestro, contenitore ma anche cinghia, fascia, è un termine usato dai romani sia nella sua forma generica, per indicare semplicemente il "guantone" da pugilato, ma analogamente dagli scrittori, i narratori e gli autori latini, vicini all'atletismo, per specificare il guantone con l'inserto, forse in metallo, a forma arrotondata.
Il guantone rappresentato nella scultura è composto da corde che formano una specie di "imbracatura" attorno alla parte superiore delle nocche del pugno chiuso; afferrata dal pollice vi è una fascia forse in cuoio o in bronzo, simile ad un cestino semi cilindrico, a forma di ferro di cavallo, attaccato a dei guanti, forse in pelle. Nella parte superiore del guanto si nota una parte in lana, indicata come summus vellus, sinonimo del greco kòdion, che veniva usata per detergersi dal sudore, e da un innesto sporgente, legato con corde che partono dal polso.
Il giunto contundente è un vero e proprio mistero, non si conosce il suo uso e il materiale con cui veniva prodotto.